27 Ago Open data: adottata la direttiva sul "secondary use" delle informazioni nel settore pubblico (Direttiva (UE) 2019/1024 del Parlamento europeo e del Consiglio – Gazzetta Ufficiale dell’UE del 26 giugno 2019).
Con la Direttiva (UE) 2019/1024 del Parlamento europeo e del Consiglio (di seguito “Direttiva”) è stato completato l’iter volto alla rifusione della Direttiva 2003/98/CE e alla introduzione della la nuova disciplina sull’apertura dei dati e il riutilizzo delle informazione nel settore pubblico.
Al fine di incentivare l’innovazione di prodotti e servizi per i consumatori e le imprese, la Direttiva stabilisce norme e modalità pratiche per favorire il riutilizzo, da parte di persone sia fisiche che giuridiche, delle informazioni contenute nei documenti posseduti da enti pubblici e imprese pubbliche per fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale per i quali i documenti sono stati prodotti nell’ambito dei compiti di servizio pubblico o di interesse generale, fatta eccezione per lo scambio di documenti tra enti pubblici o tra questi ultimi e le imprese pubbliche per l’adempimento dei loro compiti istituzionali.
La Direttiva non si applica, invece, ai documenti la cui produzione o fornitura esula dall’ambito dei compiti di servizio pubblico degli enti pubblici e delle imprese pubbliche definiti dalla legge o da altre norme vincolanti dello Stato membro di appartenenza.
Rispetto alla previgente normativa, la Direttiva introduce alcune importanti novità che implicano un significativo impatto anche sulle norme relative ad altri settori come la tutela della proprietà intellettuale e, soprattutto, la protezione dei dati personali. Sotto quest’ultimo profilo, in particolare, il maggiore impatto sarà determinato dal principio cardine della Direttiva di “openess by design” e di “openess by default” che, in antitesi rispetto ai principi stabiliti dal Regolamento (UE) 2016/679, impone agli Stati membri di favorire la messa a disposizione, ove possibile per via elettronica, di dati in formato aperto per agevolarne il libero utilizzo, riutilizzo e condivisione da chiunque e per qualunque finalità (cfr. art. 5 e Considerando n. 16).
Sulle condizioni e le modalità del riutilizzo, la Direttiva stabilisce che i contenuti posseduti dai soggetti pubblici devono essere resi disponibili gratuitamente, salva la possibilità di recuperare i costi marginali sostenuti per la produzione, messa a disposizione e divulgazione dei documenti, per l’anonimizzazione dei dati personali e la protezione di informazioni commerciali. In casi eccezionali, gli enti pubblici e le imprese pubbliche potranno imporre tariffe superiori ai costi marginali per il riutilizzo dei loro dati (ad esempio, è il caso in cui gli enti pubblici devono generare proventi per coprire una parte sostanziale dei costi inerenti allo svolgimento dei propri compiti di servizio pubblico). In tali ipotesi, le tariffe dovranno essere stabilite nel rispetto di criteri oggettivi, trasparenti e verificabili).
In generale, il riutilizzo dei dati può avvenire sulla base di licenze standard e non può essere soggetto a condizioni, salvo che queste siano obiettive e proporzionate e non discriminatorie e comunque giustificate in virtù di obiettivi di interesse pubblico. In particolare, ai sensi dell’articolo 12 della Direttiva, il riutilizzo dei documenti e delle informazioni in essi contenute non comporta un diritto di esclusiva a favore dell’utilizzatore, ma tale diritto può essere riconosciuto se necessario per l’erogazione di un servizio di interesse pubblico, purché venga garantita la trasparenza e la pubblicità dei relativi accordi tra le parti interessate.
Infine, particolare attenzione è riservata al riutilizzo di alcune categorie di dati, ossia (i) ai dati delle ricerche finanziate con fondi pubblici, che devono essere resi apertamente disponibili sulla base di “politiche di accesso libero”, e (ii) alle c.d. “serie di dati di elevato valore”, da intendersi quali dati il cui riutilizzo è connesso a importanti benefici per la società, l’ambiente e l’economia, che hanno un notevole potenziale commerciale e possono accelerare lo sviluppo di prodotti e servizi di informazione a valore aggiunto e la creazione di nuovi posti di lavoro (vi rientrano, ad esempio, i dati geospaziali, metereologici, statistici, relativi alla mobilità, ecc.).