Intermediazione finanziaria: il contratto-quadro relativo ai servizi di investimento è valido anche in caso di sottoscrizione apposta dal solo investitore (Cass. Civ., Sez. Unite, 16 gennaio 2018, n. 898).

Intermediazione finanziaria: il contratto-quadro relativo ai servizi di investimento è valido anche in caso di sottoscrizione apposta dal solo investitore (Cass. Civ., Sez. Unite, 16 gennaio 2018, n. 898).

Secondo le Sezioni Unite, nonostante nell’ambito dei contratti-quadro relativi ai servizi investimento sia richiesta la forma scritta ad substantiam, è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, poiché il consenso dell’intermediario è desumibile anche alla stregua di comportamenti concludenti tenuti da quest’ultimo.

Con la presente pronuncia, le Sezioni Unite della Cassazione risolvono l’annoso dibattito relativo alla validità del contratto-quadro di investimento sottoscritto dal solo investitore e non anche dalla banca che ha predisposto il modulo negoziale.
La questione sottoposta alla Suprema Corte origina da una sentenza della Corte di Appello di Milano che, in riforma della sentenza emessa in primo grado, aveva dichiarato la nullità di alcuni acquisti obbligazionari poiché eseguiti in assenza di un valido contratto di investimento e così in violazione dell’art. 23 del D.lgs. n. 58/1998[1], avendo l’intermediario prodotto un modulo contrattuale sottoscritto dal solo investitore.
Sul punto, è opportuno ricordare che l’art. 23 del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (“Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”) dispone che il contratto-quadro per i servizi di investimento deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità.
Dopo che la sentenza della Cassazione 22 marzo 2012, n. 4564, con riferimento all’analoga normativa prevista in caso di contratto di conto corrente bancario dagli artt. 117 e 128 del D.lgs. n. 385/1993, aveva affermato il principio per cui, a seguito della pacifica esecuzione del contratto, la produzione in giudizio di quest’ultimo realizza un valido equivalente della sottoscrizione mancante, la giurisprudenza successiva prevalente, in netta contrapposizione con l’orientamento da ultimo citato, ha invece optato per la tesi della nullità del contratto di investimento per difetto di forma.
Invitate a pronunciarsi ai sensi dell’art. 374, co. 2, ult. cpv, c.p.c., le Sezioni Unite sono state chiamate a interrogarsi se, alla luce del dato normativo, il requisito della forma scritta del contratto di investimento esiga, oltre alla sottoscrizione dell’investitore, anche quella dell’intermediario ad substantiam.
Preliminarmente e in linea con gli orientamenti della stessa Suprema Corte, le Sezioni Unite ribadiscono come l’art. 23 del D.lgs. n. 58/1998, nel momento in cui richiede la forma scritta ad substantiam, si riferisca solamente al contratto-quadro e non alle singole operazioni di investimento, le quali sono tutt’al più qualificabili come momenti attuativi del contratto principale e, salvo diversa pattuizione dello stesso, potranno essere disposte ed eseguite senza l’osservanza di precisi obblighi formali.
A fronte di tali premesse, la Cassazione evidenzia che ai sensi del citato art. 23, ai fini della corretta conclusione di un contratto-quadro di investimento, devono sussistere le seguenti condizioni: (i) la redazione per iscritto dello schema contrattuale sulla cui base saranno condotte le operazioni di investimento e (ii) la consegna al cliente di una copia del contratto.
Dai rilievi di cui si sopra è possibile per le Sezioni Unite cogliere la ratio sottesa alla disposizione in esame, la quale si sostanzia nel voler assicurare al cliente una corretta identificazione o, quantomeno, identificabilità di tutti gli elementi di cui si compone il rapporto.
A parere del Supremo Collegio, posto che la forma è uno degli elementi necessari del contratto ai sensi dell’art. 1325, co. 1, n. 4 c.c., questa dovrà essere intesa non in un senso meramente formale, essendo altresì necessario fare riferimento alle specificità della normativa di volta in volta applicabile.
La disciplina in oggetto consente alla Cassazione di fare anche un’ulteriore precisazione. Tradizionalmente alla sottoscrizione del contratto sono attribuite due funzioni, una rilevante sul tema della formazione del consenso, mentre l’altra su quello dell’attribuibilità della scrittura a una delle parti. Tali affermazioni, se lette in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 2702 c.c., rendono chiaro che la sottoscrizione si pone come un elemento strutturale dell’atto e vale ad attestare sia la manifestazione di volontà dei contraenti che la riferibilità del contenuto dell’atto al sottoscrittore dello stesso.
È infatti proprio la specificità della disciplina in materia di intermediazione finanziaria che consente di scindere il profilo del “documento come formalizzazione e certezza della regola contrattuale, e dell’accordo, rimanendo assorbito l’elemento strutturale di quella parte, l’intermediario, che, reso certo il raggiungimento dello scopo normativo con la sottoscrizione del cliente sul modulo contrattuale predisposto dall’intermediario e la consegna dell’esemplare della scrittura in oggetto, non verrebbe a svolgere alcuna specifica funzione”.
Secondo il Supremo Collegio, un’interpretazione diversa della normativa de qua porrebbe l’intermediario in una condizione deteriore rispetto a quella dell’investitore, pervenendo altresì a risultati a cui la forma prescritta dall’art. 23 del D.lgs. n. 58/1998 non è preordinata. Proprio su questo punto, la Cassazione afferma che, quando (come nel caso dell’art. 23 D.lgs. n. 58/1998) il legislatore preveda un’ipotesi di nullità relativa volta a tutelare un interesse particolare, l’interprete dovrà circoscrivere attentamente l’ambito di operatività della nullità negoziale, tenendo in debita considerazione il fatto che un utilizzo indiscriminato del citato rimedio potrebbe produrre conseguenze distorte o anche opportunistiche. Di conseguenza, al fine di verificare il rispetto del citato vincolo formale, è sufficiente che dal contratto-quadro di investimento risulti la verificabilità di quanto concordato tra le parti e senza che siano necessariamente apposte le sottoscrizione di entrambe le parti.
A fronte di tutto quanto sopra, le Sezioni Unite enunciano il seguente principio di diritto: “Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dall’art. 23 del d.lgs. 24/2/1998, n. 58, è rispettato over sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.
[1] Sul punto, è opportuno ricordare che l’art. 23 del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (“Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”) dispone che il contratto-quadro per i servizi di investimento deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità.
Cass_SSUU_898_01_2018

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